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9 dicembre 2013

Aspetta e spera

La vita ha diversi aspetti. Aspetti che non ti aspetti. Quelli che ti aspetti, invece, sono ad aspettarti, ma sempre un po' più in là.
Come se poi sapessimo cosa aspettiamo.
Tutti aspettano qualcosa, o qualcuno, e tutti si aspettano qualcosa dal prossimo. E se poi non arriva tanto si era detto di aspettarsi qualcosa dal prossimo, non da questo. E così lo si aspetta, il prossimo
Ci si potrebbe aspettare sempre il peggio, ma al peggio non si è mai pronti. Al peggio non c'è mai limite.
Per non sbagliarsi, meglio non aspettarsi niente. Meglio non aspettarsi l'un l'altro. Meglio non aspettarsi niente, né dall'uno né dall'altro.
Meglio non aspettarsi, tanto uno rimarrà sempre indietro. Non occorre nemeno aspettare una risposta per la quale non si è pronti. Non si può essere pronti a qualcosa che non ci si aspetta.
"Quando partono le rondini lasciale andare. Non domandare più che ragione c'è."
-Baustelle-
 

27 novembre 2013

So you are a rocket scientist?

Sette, ma non si tratta né di sposi né di fratelli. Sono sette macchine, sette macchie sulla neve.
Per un po' di neve che scende c'è un razzo che vuole salire. Un razzo che deve salire nel cielo. Rocksanne brama il cielo.
Il vento traverso farebbe andare di traverso il razzo e ciò ci fa andare di traverso il pranzo. Per ora non si può lanciare. Il tempo alterna schiarite a un po' di  nuvolosità, ma nelle nostre teste è tutto chiaro, si deve lanciare.
Madre Natura, per tutta risposta, lancia su di noi ancora più neve. La tormenta ci tormenta.
È un puttanaio, ma non di quelli che piacciono a noi con tutte le donnine nude. È un puttanaio perché siamo tormentati dalla tormenta che ci ha infilato la neve fin dentro le babucce. Nemmeno l'alcool aiuta, quella puttana di Madre Natura è astemia. Non riusciamo a mandarla al tappeto nemmeno a suon di grappe.
I nostri sogni tormentati durano poco, giusto il tempo di ricaricarci le batterie, sia noi che il vano elettronica.
Giusto il tempo di piegare il paracadute e diamo la sveglia al sole e alla montagna. Riusciamo a cogliere Madre Natura impreparata. A nulla servono le sue minacce sotto forma di cani che sbranano pecore.
Madre Natura si è dimenticata di rigirare la palla di neve e di accendere il ventilatore, c'è calma piatta. Le condizioni sono ottime anche se Madre Natura, presa dal freddo, per stare al caldo non si è dimenticata la sua coperta di nuvole.
È tutto pronto, sembra esserci tutto, ma manca una cosa. Manca un colpo di scena. Ed ecco che dalla coltre bianca emerge anche una gattina. È uscita dalla neve, è un gatto delle nevi. È infreddolita e bagnata, il suo miagolio è straziante. Anche lei è vittima delle angherie di Madre Natura. È una micia e quindi ha già un nome, Rocksanne. Non poteva essere diversamente.
Non poteva essere diversamente nemmeno la partenza del razzo. La Rocksanne di alluminio ha il senso della scena, come il suo corrispettivo felino. Non è banale sa come e quando entrare in scena. 
"CINQUE - 4 - 3 - 2 - 1!"
Non accade nulla. Suspense. Rocksanne è una rockstar e si fa attendere. Non appena iniziano a serpeggiare un po' di dubbi ecco la star. Ruggisce e va su nel cielo, su come un razzo, ovviamente. Perchè è quello che abbiamo creato, un razzo. Un fottutissimo razzo.
Vola, in alto, buca la coperta di nuvole e punzecchia Madre Natura ancora assopita. La sveglia e le comunica che lei ha fallito, mentre noi abbiamo vinto.


9 novembre 2013

Qui manca tutto

Bisogna saper mancare.
Bisogna saper mancare al prossimo.
Bisogna saper mancare il prossimo che se lo si prende è la volta buone che lo si stende. 
L'importante è non mancare il prossimo treno. Mancano pochi giorni e un po' mancano quei giorni. Manca poco alla partenza del treno e il prossimo è in ritardo. Love isn't always on time.
Bisogna amare il prossimo. No, non te, il prossimo. Il prossimo treno.
In casa mancano il sale e la voglia. E lei manco ha voglia di salire in casa. Se proprio non sale si usi del pepe.
Si potrebbe aggiungere del pepe alla situazione, ma non sale nemmeno l'alcol.


5 settembre 2013

In ospedale veritas

Gli ospedali sono dei brutti posti, non sono belli nemmeno con un filtro di Instagram.
Gli ospedali sono luoghi d'attesa. D'attesa della verità.
Lunghe attese su scomodi seggiolini in attesa di verità scomode. Verità tanto attese e delle volte verità inattese. 
La verità è che basterebbero poche volte per rendere gli ospedali un po' meno brutti e squadrati. Ce ne fosse una, non necessariamente bella, ma almeno buona. Ci fosse una buona volta in cui non si attende.
Ci fosse una buona volta per sorreggere e scaricare a terra il peso della verità.
"La verità ti fa male, lo so."
"Si ma la mia gamba di più, cazzo!"
La verità si paga cara, ma anche il ticket non scherza un cazzo.



27 agosto 2013

Haters gonna hate... Again and again

"Non può essere un caso che in nessuna lingua terrestre esista l'espressione "Bello come un aeroporto""
Men che meno lo si può dire se l'aeroporto in questione è Orio al Serio.
Il tempo di entrare nell'aeroporto e capisci subito il significato dell'espressione: "Due pesi e due misure". Le tue misure e i tuoi pesi e i pesi e le misure di Rayanair.
"C'è scritto che il bagaglio deve entrare nel coso per le misure, non che deve anche uscirne."  
Per noi sono 20 Kg, per Ryanair 23 e per la questura 6.
Passati i controlli c'è la prima vittima. A non vedere Valencia è una sfortunata confezione quasi finita di crema solare.  La sua unica colpa era di riportare un 200 mL in sommo di un'etichetta.
Arrivati a Valencia non ci accorgiamo di essere capitati nel giorno della tipica festa patronale delle cose che devono esserci e non ci sono e delle persone che non devono esserci e ci sono. Pazienza si passa oltre.
Valencia ha una planimetria estremamente facile, è praticamente impossibile perdersi.
"Siamo qui da poche ore e com'è che sai già tutte le strade?" "Prima mi sono fatto in giro da solo e ho cercato inutilmente di perdermi."
Scopriamo sotto casa l'esistenza di un posto che fa il Mojilitro e il Cuba Litro, vi lascio indovinare con quanti arti eravamo soliti fare le scale per tornare in casa...
Il mattino ha l'oro in bocca, ma noi non siamo materialisti e ci accontentiamo di essere ricchi nell'anima. Con calma prendiamo il treno con destino destinato a portarci in spiaggia.
Arrivati in spiaggia ci accorgiamo subito di come la crisi abbia duramente colpito la Spagna. I prezzi dei pezzi di sopra dei bikini sono così alti che impediscono alla maggior parte delle donne di comprarsene uno. E così giornate da dedicarsi al divertimento ci vedono, invece, impegnati nel sociale a contemplare questa piaga della società moderna.
I delfini sembrano volerci dire qualcosa, ma noi siamo solo la terza specie più intelligente presente sul pianeta e vediamo solo salti mortali. Anche se non sentiamo fischiettare l'inno americano. E nemmeno quello spagnolo a dire il vero.
"In realtà il messaggio era questo: "Addio e grazie per tutto il pesce.""
Così le giornate passano via parlando delle cose più disparate e viaggiando su e giù per le scale mobili del Corte Inglés che si muovono a ritmo di minimale.
"Perché sai tutte queste inutili?"
Mentre in casa vige la tirannia dei Windows Phone che decidono di impossessarsi di tutta la banda del Wi-Fi. Nemmeno suonasse il rock, la banda.
Intanto un gruppo di Milf cerca di impossessarsi di noi, o meglio di una parte di noi.
"Hellooooooo"
Ma noi non cediamo al tono caliente come un pulpo alla gallega e, invece, facciamo nostra la cultura del tennis.
Così pensando a servizi e servizietti più o meno servizievoli arriviamo in posto dove il servizio è ottimo. Un servizio che fa centro, che fa subito punto, ace, ma di succo ne abbiamo fin sopra le orecchie. Un servizio gentile, educato e ammiccante che ci riempie di tapas. Tapas caserecce e calienti come l'accento del camerire. Ottime tapas, ma anche ottime topas in giro per i locali.
Così ripieni di cibo come involtini primavera, anche se siamo in estate, ci prestiamo a tornare a casa ricordandoci che:
"Aqui todo es muy bueno y casero"


11 agosto 2013

Haters gonna hate

Fotografare i soliti pranzi è troppo mainstream.
Si inizia così con una foto al pranzo a bordo di un B767-300 che sembra cadere a pezzi negli interni.
Pranzo con una pasta che ha la magica proprietà di non sapere niente anche se condita e con cracker. Cracker salati in superficie, ma i migliori sono quelli salati nel profondo, dell'anima.
Arrivi e ti chiedi anche come mai i dossi della Repubblica Domenicana sono al contrario, sono fossati.
Finisci con l'interessarti anche di antropologia e a chiederti cosa accada alle domenicane tra i 26 e i 37 anni che possa trasformarle da fighe a donne-fanta. Donne come la Fanta che non è buona ma è tanta.
Nel frattempo conosci gente, o meglio... Loro ti conoscono grazie alle tue performance alcoliche durante gli spettacoli. Reggere sei shot di vodka uno dopo l'altro e due cuba libre non è da tutti. Un attimo e diventi il Paul Gascoigne del villaggio, ma non si parla del talento nel beach soccer.
Quel poco di talento che si ha lo si usa tutto nel beach volley. Partite durano fino al calar del sole tanto che decidono di darci in autogestione il campo. E di quelle giocate che nemmeno nella World League.
Nel tempo libero, perché il beach volley è una cosa seria, si arriva poi a dimostrare che spesso la simpatia va con il quadrato del girovita, infatti io sono molto simpatico.
Ci si fa la barba e si cerca di passare inosservato al ristorante in mezzo ai sedicenni e sedicenti tedeschi, ma a fregarti è l'incarnato. O forse la maglietta della Vespa con il tricolore, la cosa non è chiara. Anche perchè la Cosa non si chiamava Chiara prima di entrare nei Fantastici 4, ma nel tempo libero tira le freccette insieme ai suoi amici supereroi, capitani da Capitan Veratur.
La vacanze entra nel vivo e inizi a invertire le dosi del caffellatte.
Si diventa pappa e ciccia, letteralmente, con lo chef che alle tre di notte ti svela in anteprima il menù della giornata.
Così, oltre alla pancia, crescono anche le amicizie e le consapevolezze, ma è già tempo di tornare a casa. Tempo di disfare la valigia e rifarne un'altra per ripartire.
Ricordatevi solo due cose fondamentali: attenti ai cavalli che sono delle persone orribili e "voy a reír, voy a bailar. Vivir mi vida la la la la"




10 luglio 2013

L'amore alle frequenze del colera

L'amore è una cosa complessa e conviene analizzarla in frequenza. È il caso di mettersi all'opera e iniziare a fare furiosamente delle trasformate di Fourier. Occorre rinunciare al potere temporale e arrendersi al dominio della frequenza.
Frequenze che fanno battere il cuore e che ci fanno tremare e vibrare. Ci fanno vibrare come corde di violino. E via di sviolinate. 
Ognuno di noi vibra alla sua frequenza. Ognuno ha il suo modo proprio di vibrare.
Bisogna smetterla con le sviolinate e iniziare a procurarsi una banda. Una banda passante, fatta anche di passanti, che passi per le strade e faccia vibrare i vetri. 
Nella speranza che Raperonzolo si affacci alla finestra d'osservazione.


21 giugno 2013

One way ticket to caos

"Per quanto vi affanniate non riuscirete mai ad avere un armadio in ordine."
Non si sfugge al secondo principio della termodinamica, è ovunque.
Tutto si muove in unica direzione, l'entropia può solo aumentare. È inutile affannarsi.
Le cose sono impossibili da sistemare, tutto prima o poi tornerà verso il caos. Il processo è spontaneo.
Davanti a una situazione di calma, davanti ad un armadio ordinato, l'unica domanda da porsi è: "Per quanto ancora rimarrà così?"
Passiamo la vita a fare ordine, quando l'ordine naturale delle cose è il disordine.
La morte, la decomposizione, è il nostro modo di ripagare il debito entropico che il nostro corpo ha accumulato cercando di far funzionare i nostri processi biologici.
È la termodinamica a impedire la creazione degli zombie.


17 giugno 2013

Manca il titolo

Un posto centrato sull'equilibrio. Incentrato. In equilibrio.
Equilibri dinamici. Finché la barca va tu lasciala andare, primo principio.
Equilibri statici di chi non si schioda da un'idea.
Idee partorite dopo ore in equilibrio sul cesso. Equilibri stitici.
Idee in equilibrio, che non si schiodano dai loro scogli. Scogli ideali per le ostriche. Ostriche ideali e ideali dell'ostrica. Ostriche inchiodate con chiodi che non si scacciano nemmeno con altri chiodi.
Chiodi che ti lasciano il loro profumo, nemmeno fossero di garofano..
Equilibri instabili come un pendolo rovescio. E se rovesci una pendola per terra sossoldi.
Equilibri che mancano e ti fanno girare la testa così tanto che poi rovesci, nemmeno fossi un pendolo.
Bisogna saper mancare al prossimo.
Bisogna far venire voglia di sé, come un equilibrio che manca.
Bisogna farsi ricordare, come un obiettivo mancato.
Però guai a mancare l'appuntamento.


8 maggio 2013

Dritto per dritto

Canzoni che passate nell'autoradio ti fanno guadagnare qualche cavallo.
Mentre ci sono canzoni giuste che ti fanno guadagnare qualche cavalla. 
Tutti preferirebbero farsi una cavalla. Di meno sono quelli che preferirebbero farsi un cavallo, Cicciolina a parte.
Che poi le cavalle ti fanno perdere la testa e i cavalli ti fanno perdere la tenuta di strada. E allora parti, parti per la tangente. Parti per la tangente alla curva ed esci di strada. Esci di strada così forte che i guardrail stanno lì solo a guardare. Finisci dentro a un fosso. Te ne vai, dritto per dritto, ti schianti. Che schianto che era quella cavalla. 
L'ideale sarebbe averne una per ogni stagione. Una cavalla che è uno schianto per ogni stagione. Una cavalla e uno schianto. Uno schianto che se ne va e ti lascia spiaccicato.
Sono sempre i migliori che se ne vanno.
Per prima se n'è andata la Primavera, la mia preferita. L'Autunno ha resistito solo un po' di più, ma alla fine è andato anche lui.
Non esistono più le mezze stagioni.


25 aprile 2013

Italian job

La tattica è chiara, almeno all'inizio. Poi diventa sempre più offuscata, sempre più color malto. Sempre più bionda. Sempre chiare, birre chiare.

"Fate presto a bere che altrimenti facciamo tardi."
"Tranquilla stai parlando a dei professionisti."

Il 70% di noi è ben allenato e decide di gareggiare. C'è da correre. Il tempo passa e noi dobbiamo passare a bere in cinque pub. I cinque Ryans pub.
Iniziamo dal più lontano, c'è della tattica. L'ultimo sarà quello vicino alla base.
Perché non c'è molto tempo, il tempo passa. Passa come passano le metro e le corse vanno via a via a terminare.
Ed è già tempo dell'ultima corsa. Mezz'ora per entrare, bere e tornare alla metro. Un lavoro veloce, pulito ed efficiente. Riusciamo anche a festeggiare un compleanno.
Il biglietto decide di non valere più. Poco male, si entra tutti insieme. Si decide un alibi, una linea difensiva nel caso le cose andassero male.
È il momento, si scende. Passiamo vicino a due controllori. Questa volta la parola d'ordine non è la stessa, non è "Viuleeeeeeza", ma è, anzi sono, "Carini e Coccolosi".
Tutto fila liscio e siamo nuovamente sulle Ramblas, ora si gioca in casa. Ne mancano quattro, ma le cartine non collaborano.
C'è da contrattare un ingresso, proprio in quel momento gli spagnoli si scoprono Punk Rock e organizzano un live. Musica e bagni che nemmeno in Misfits, niente luci si piscia ad orecchio. Il suono della ceramica è inconfondibile. Fuori i cellulari, tutti a illuminare, non il palco, la musica non lo merita, ma il cesso si.

"Potevi farti una foto e metterla su Instagram."
"Mi sarebbero serviti degli occhiali hipster da mettermi sull'uccello."

Usciamo, un'altra stelletta al valore.
Proseguiamo per strette vie. Strette vie che capiscono di che pasta siamo fatti. Anche gli indigeni lo capiscono e continuano a offrirci apparentemente solo birra. Non ci facciamo distrarre.
Dritti verso la meta, quando ormai siamo quasi a metà.
I due pub di Ryan sono a venti metri e quattro numeri civici di distanza. Una pessima mossa strategica che non fa altro che avvantaggiarci, o così crediamo.
Pecchiamo di superbia, ce la prendiamo comoda e ci prendiamo anche dei chupiti offerti. Offerti per noi e per tutti, prendete e bevetene tutti.
Qualcuno guarda l'orologio, ancora tre quarti d'ora e poi i pub dovranno chiudere. Ce ne manca uno solo.
Ormai siamo esperti, procediamo nella direzione giusta. Giusto il tempo di ritrovare un paio di riferimenti e la cartina non ci serve più.
Iniziamo ad allungare il passo, il gruppo si sfalda, qualcuno resta indietro. Arriveranno.
Troviamo l'ultimo pub, sta per chiudere, quasi non ci vuole dare da bere.

"Non importa facci 7 chupiti, di qualsiasi cosa tanto riusciamo a finirli."

L'ultimi timbro sulla scheda, il passaporto per il premio.

"Io voglio una maglietta."
"Si e poi ce le firmiamo tutti in ricordo di questa serata."
"Esatto!"
"A me serve un portachiavi, devo cambiarlo. Assolutamente!"
"Anche a me serve! Ho le chiavi sparse per la tasca."

Il premio sono dieci chupiti a testa da consumare la prossima volta che andremo in quel locale. Settanta chupiti che non possiamo consumare prima di partire. I pub spagnoli se la prendono calma alla mattina e noi alla mattina abbiamo un aereo da prendere.
Li lasciamo in eredità a una persona fidata. Qualcuno a Barcellona ci penserà per settanta volte.



11 aprile 2013

Il sesto senso

Un post senza senso che fa senso a chi sa scrivere.
Poteva essere un post sul sesto senso, ma a volte nemmeno la vita ha un senso. Figurarsene sei... Fantasia.
Non vediamo, non sentiamo, non capiamo, ma parliamo. Procediamo dritto per dritto, a senso unico.
Il sesto senso unico che si infila mentre si cerca parcheggio e ci costringe a giri tortuosi.
Giri e pellegrinaggi che ci trasformano, senza che ce ne accorgiamo. Senza senso della misura, o troppo o troppo poco.
Trasformazioni irreversibili che procedono in un senso solo, come la vita.
Vita che procede a senso unico e ti prende in un senso solo ( non c'è doppio senso, come si diceva il senso è unico ).
La vita ti prende da dietro e lo fa pure con senso dell'umorismo.
Un post senza senso, nemmeno quello dell'umorismo. Senza senso come le cose che accadono.
Cose che il senso non ce l'hanno e se ce l'hanno non lo capiamo, se non una volta all'anno.



26 marzo 2013

Diorama

Legume aveva sempre diviso i casi in: casi irrisori e casi irrisolti.
Però preferiva i risotti a caso. Erano la sua specialità. Apriva il frigo e gli si apriva la mente. Anche troppo e l'esempio era il risotto a caso numero 42: taleggio, funghi e cioccolato.
Il bisogno aguzza l'ingegno a meno che non sia bisogno di mangiare, in quel caso si aguzza la vista alla ricerca di qualcosa nel frigo.
La ricerca di Legume non era durata molto. Un po' perché non aveva fatto la spesa e un po' perché oltre alla mante gli si era aperto lo stomaco e il taleggio, i funghi e il cioccolato erano l'unica cosa rimasta.
Il ragionamento era semplice: se erano buoni da soli insieme sarebbero stati ancora meglio. Sulla carta funzionava, peccato che si cucini sui fornelli.
Kia era sempre dubbiosa dei risotti di Legume, ma questa volta lo era più  del solito. Era pervasa dal dubbio. Dal dubbio di come avesse reagito Legume a quello che doveva dirgli.
"Vorrei dirti una cosa. Una di quelle cose che non vuoi che ti dica. Una di quelle cose che ti metterebbe a disagio."
"Dimmi..." rispose Legume.
"È finita." gli rispose. Gelida.
"No, ma come... Scusa!?"
"Si basta  sono stufa perché non mi dai mai retta ed è frustrante!"
"Lo so, ma sai come sono fatto..."
"Lo so come sei fatto!"
"Quando abbiamo iniziato questa... Cosa... Questa... Storia... Hai dovuto vidimare una casella quella del terms and conditions. Se ti fossi presa la briga di leggere queste cose
lì l'avresti trovato scritto chiaramente."
"Bisogna aver voglia di cambiare per far funzionare le cose."
"Volere è potere è una grandissima cazzata"
"E chi l'ha detto? Bisogna semplicemente aver voglia di provarci. Almeno."
"Non sempre i tentativi che facciamo sono chiari agli altri." cercò di giustificarsi Legume.
"In compenso i non tentativi sono chiarissimi." sentenziò Kia"
"Non puoi abbandonarmi proprio ora. Mi sentirei come Roky quando more il suo allenatore. Con la differenza che io non ho nessuno da menare per sfogarmi!"
A queste parole Kia si lasciò sfuggire un sorriso e ridacchiò.
"Sei impossibile." disse scuotendo la testa.
"No, sono solo molto improbabile."
"Ma questo non cambia le cose. È finita! E non è giusto chiedere alle parole più di quello che possono." 
"Le parole possono tutto." 
"Non ne sono più convinta come prima. C'è da esserne bravi e non so te, ma io di certo non lo sono."
Kia era sempre stata più brava con i gesti. Così concluse con un gesto, se ne andò. 
Uscì dalla porta e dalla vita di Legume.

Nei giorni a seguire Legume sfogliò invano la sua rubrica. La sfogliò metaforicamente, era quella del cellulare.
Cercò invano una Arianna che lo aiutasse a ritrovare il filo, dei suoi pensieri. Il filo d'Arianna per ritornare sulla giusta via, per uscire.
"Coraggio, riprenditi. Riprendi in mano la situazione. Prenditi cura di te. Prendersi cura di se stessi fa sempre bene. Riprenditi in mano!"
"Solo perché sono una persona per bene non ti dico cosa potrei riprendere in mano, ora. E poi non badare all'aspetto e fregarcene è il modo che abbiamo noi maschi di dedicarci a noi."
"Vedrai la vita ti riserverà di certo altre sorprese. Come portate da Babbo Natale. Capiterà a fagiolo, come dici tu."
"Allora aspettiamo, con latte e biscotti. Però tengo su la tuta di casa e il pigiama." 
"Esatto come si aspetta il Natale, solo che non sai quando sarà il 25 dicembre. No, niente tute e pigiami. A Natale ci si addobba!"


Nota dell'autore.
A poco più di un anno di distanza dal primo, questo è l'ultimo post della mini saga del Detective Legume. Non ce ne saranno altri. Non aspettatevene altri, forse ci saranno, ma forse no. Nessuno sa cosa succederà, né Legume, né io.
Intanto ecco i link di tutti gli altri episodi:


4 marzo 2013

Gran Nocciolato

Noccioli che rimangono in bocca e non si sa dove sputarli.
Noccioli che crescono nei boschi. Nel boschetto della mia fantasia. 
Un tronco nel boschetto. Il tronchetto della felicità.
Noccioli logorroici che non fanno altro che parlare. Noccioli delle questioni.
Questioni trite e ritrite come nocciole in una crepe. Questioni che ti fanno crescere due nocciole grosse come una casa.
Case in nocciolo e noccioli sputati a caso per strada. Strade coperte da noccioli all'ombra dei noccioli.
Dove si sputa il nocciolo della centrale nucleare?


2 marzo 2013

Terra in vista

La terra all'orizzonte, la si cerca come una salvezza.
Si va a terra con una scialuppa di salvataggio, verso la salvezza.
La terra dopo mesi di navigazione, un evento. Un evento all'orizzonte.
E venti eventi dietro l'orizzonte. Dietro l'orizzonte degli eventi.
Eventi che ci prendono per un braccio. L'omero che esce dalla cuffia.
Venti improvvisi dietro all'orizzonte ci prendono all'improvviso e ci fanno scuffiare.
Eventi che nemmeno Omero si immaginava.
Si incontrano su due piedi, come se fosse normale. Eventi normali.
Eventi che si incontrano e interferiscono come venti. Eventi che si scontrano.
Eventi perpendicolari.
All'orizzonte degli eventi abbiamo sempre preferito gli eventi orizzontali.


21 febbraio 2013

Presa in giro

Ogni volta che arrivo in aula studio e mi serve una presa della corrente la scena che mi immagino è più o meno questa.

"Molto di ciò che era si è scaricato, perché ora non vive nessuno che ha la batteria carica.
Tutto ebbe inizio con la messa a terra delle grandi prese.
Tre furono date ai professori, gli esseri immortali più saggi e sleali di tutti.
Sette ai Mac Users, grandi grafici e realizzatori di rendering.
E nove... Nove prese furono date alla razza degli Ingegneri che più di qualunque cosa desiderano usare Ubuntu... Perché in queste prese erano sigillati la forza e la volontà per una grande potenza di calcolo.
Ma tutti loro furono ingannati perché venne creata un'altra presa.
Nella terra di Minchior, tra le fiamme del Monte Nerd, Secchioron l'Oscuro Signore forgiò in segreto una presa multipla per fregare tutti gli altri e in questa presa attaccò il suo computer, il suo cellulare e la sua volontà di alimentare ogni suo dispositivo: una presa per alimentarli tutti."

20 febbraio 2013

Sarebbe splendido

Assomigliare a lucertole nel sole.
Lucertole Serene, lucertole femmine di nome e di fatto. Serene anche di nome e di fatto.
Lucertole che non escono di casa se non c'è il sole. Non sono serene se non c'è il sole, anche se sono Serene.
Lucertole che non escono di casa sole a meno che non ci sia il sole. Se c'è il sole escono anche se non sono Serene, ma magari Ugo o Aldo.
Magari Ugo e Aldo sono sereni anche se non è tempo da lucertole e non c'è il sole.
O forse no.


3 febbraio 2013

Cool guys don't look at explosions

La ghireria era un posto informale e il suo proprietario era attento alla salute. All'ingresso campeggiava un grande e vistoso cartello con la scritto: "No Smoking".
Era giunta l'ora VII non potevano aspettare l'ora X sarebbe stato troppo tardi. Non se ne parlava di fare queste cose dopo cena.
Erano le 19.00 spaccate. Così come spaccate erano le schiene dei sottoposti di Pistakyos che stavano preparando la ghireria in vista dell'ora di cena.
Erano le 19.00 in punto. Così come puntuali, in punto e di punto in bianco Kia e Legume fecero il loro ingresso nel retrobottega della ghireria. In punta di piedi.
"Finalmente ci incontriamo Legume. Finalmente ci rincontriamo Kia. Iniziavo a chiedermi quando sareste arrivati." esordì Pistakyos.
"Dovrebbe saperlo che io capito sempre a fagiolo..." rispose prontamente Legume.
"Si ne ho sentito parlare... E vedo con sorpresa che ci sei anche tu agente 892424."
Il risultato di questo commento fu una smorfia sulla faccia di Kia e strette forte la mano di Legume. Con grande sorpresa di entrambi. Nessuno dei due si era accorto di essere per mano all'altro e nessuno dei due sapeva come fosse successo.
La stretta di mano scosse Legume che prese in mano, nell'altra mano, la situazione.
"Dimmi Pistakyos, perchè mi vuoi morto?" chiese Legume.
"Come sarebbe a dire? Non è abbastanza chiaro?... Come hai fatto ad arrivare a me senza averlo capito?"
Legume stava quasi per chiedere scusa per non esserci arrivato.
"892424 da quando vai in giro con certi sfigati?" Kia iniziò ancora più rossa di quello che era. Questa volta però non era la tinta dei capelli diversa, ma era rabbia.
"Razza di fagiolo senza vacuolo! È perchè tu sei l'unico che mette i bastoni tra le ruote a me e a i miei ragazzi. Non ti facevo così incapace..."
"Basta!" pensò a voce alta Kia.
Vecchi dissapori e ora queste cose dette a Legume, al suo legume. Era la goccia che fece traboccare il vacuolo.
Kia passò da una taglia 38 ad una taglia 44 magnum. Estrasse il suo giocattolino, una Derringer direttamente dal reggicalze, e lo puntò in faccia a Pistakyos.
Fortunatamente una mano amica la fermò, era la mano di Fortunato.
"Che ci fai qui?" risposerò in coro Legume e Kia.
"Pensavate davvero che vi avrei fatto venire qui da soli?" rispose Fortunato.
"Tu... Tu... Che... Che... " balbetto Pistakyos conscio di come avesse rovinato la vita a Fortunato.
"Ora qui ci penso io. Fate uscire tutti e Andatevene." disse Fortunato a Kia e Legume.
Legume non era dell'idea, ma Kia sapeva riconoscere quando Fortunato faceva sul serio e persuase Legume ad andarsene.
Fortunato prese la sua calibro 9 e sparò, non a Pistakyos ma a delle bombole di scorta presenti nel retrobottega.
Quello che ne seguì fu un'esplosione devastante. Tutta la ghireria crollò sulle teste di Fortunato e Pistakyos.
Fortunato evitò a Kia di macchiarsi di omicidio e relativo sangue. L'uomo giusto al momento giusto.
Pistakyos che aveva rovinato la gioventù e la vita di Fortunato. L'uomo ingiusto nel momento sbagliato.
Ritrovare i corpi tra le macerie non fu facile. La polizia dopo aver sentito le testimonianze di tutti bollò l'accaduto come omicidio-suicidio.
Con la ghireria crollata Legume e Kia decisero di mettere una pietra sopra alla faccenda di Pistakyos. Una pietra in più non avrebbe fatto di certo differenza al corpo di Pistakyos, maceria più maceria meno.


21 gennaio 2013

In fondo è un genio


Presero la linea verde.
Avrebbero dovuto andare fin in fondo, o quasi, fino a Cascina Gobba.
"Gobba? Quale gobba?" disse tra se e se Legume. Peccato che tra se e se ci fosse Kia che fece finta di non sentire la battuta, ma ridacchiò cercando di trattenersi.
Dovevano andare fino nel retrobottega, fino in fondo alla ghireria. Volevano farlo per andare fino in fondo a questa storia. Volevano vedere quanto fosse profonda la tana del bianconiglio.
Legume alla tana del bianconiglio aveva però sempre preferito la tana della coniglietta. Era rimasto ragazzo e gli piaceva giocare con le conigliette, playboy.
In un attimo si ritrovarono scaraventati in fondo al vagone, una frenata improvvisa. Come un'inquisizione spagnola, nessuno se l'aspettava.
Arrivarono a Cascina Gobba, scesero.
Andarono fino in fondo alla banchina e salirono le scale. Fino in fondo.
Chiesero indicazioni ad una signora ricurva sul suo bastone. Una gobba a Cascina Gobba.
Le indicazioni della vecchietta fecero arrivare Kia e Legume alla Ghireria. Ghireria del Ghiro.
Era una ghireria aperta 24 ore su 24 che aveva ben poco del ghiro. Nessuno aveva mai colto la genialità dietro a questa scelta. Nessuno aveva mai colto la genialità dietro alla ghireria. Una genialità criminale, ma pur sempre geniale. Pistakyos era un genio, o almeno così credeva.
Solo un genio avrebbe potuto mettere su un impero criminale come il suo. Lui che era arrivato dalla Grecia aveva trovato lavoro come rappresentante di una ditta di lampadine. Era fottutamente bravo nel suo lavoro, un genio della lampadina.
Tutto questo non gli bastava, voleva di più. Poteva avere di più, era un genio. Il suo primo colpo non esistette mai. Quel geniaccio aveva avuto un'idea, gli si era accesa una lampadina. Fu un'illuminazione.
Aveva capito che per essere il capo non doveva sporcarsi le mani. Quindi organizzò un furto alla stessa azienda per la quale lavorava.
Il suo manipolo di ladruncoli da quattro soldi rubò un carico di lampadine appena fabbricate lasciando la polizia a brancolare nel buio.
Questo fu l'inizio, da qui il suo genio lo fece emergere. Si mise in proprio, lasciò il lavoro di rappresentanza e decise di mettere in piedi una ghireria.e di usarla come copertura.
Kia e Legume entrarono, nessuno gli chiese niente. Tutti sapevano chi erano e nessuno voleva andare fino in fondo e scoprire cosa ci facevano lì. Solo Legume e Kia volevano andare fini in fondo alla faccenda e alla ghirireria.
Kia conosceva la strada.


6 gennaio 2013

Una risposta intelligente a "Qual buon vento?"

I venti erano diciannove.
Uno non era tornado nonostante tutti facessero il tifone per lui.
Non potevano più aspettare, il sole stava già tramontana all'orizzonte.
Il sole era dietro alle montagne e qualcuno era dietro alle montanare sole.
Montanare del Montana che accudiscono montoni.
Sole come le diciannove mogli dei venti. Erano a casa, anche loro sole.
Che sola. Che fregatura.


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